Le Langhe sono state popolate in modo stabile fin dal V secolo a.C. da tribù di celti-liguri. Furono loro a portare la coltura della vite, che i Greci avevano diffuso lungo le coste italiane, e già Plinio il Vecchio nella sua “Naturalis Historia” parlava di un’uva a bacca rossa, a maturazione tardiva, resistente al freddo, tipica del Piemonte.
Solo nel 1268, però, nell’elenco dei vini fatti d’ordine del Castellano di Rivoli, appare per la prima volta l’uva nibiol; la prima descrizione, poi, la si trova nel “Ruralium Commodorum” di Pier de Crescenzi (1305) e viene chiamata nubiola; negli archivi di La Morra documenti del 1512 citano il “nebiolium”.
Bisogna attendere il 1869 per l’esordio ufficiale del vino Barolo, alla Fiera di Torino, sebbene il Conte Camillo Benso di Cavour sia stato, probabilmente, il primo produttore di quello che oggi considereremmo un Barolo a tutti gli effetti: 100 bottiglie con l’etichetta “Vino Vecchio 1844”.
Barolo e Langa, Vino e Territorio: una simbiosi esistente da sempre, un’interazione tra paesaggio, società, pratiche agricole e alchimia di cantina che si è sviluppata naturalmente. Così, nel tempo, questa zona collinare, a tratti dolce, a tratti scoscesa, fredda d’inverno, ma mitigata dai venti liguri ha generato, tante piccole magie: le nocciole, i salumi, i formaggi, il tartufo e, ovviamente, il Re dei vini italiani: il Barolo.
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